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Recenqualcosa "Ripetizione" di Vigdis Hjorth

Aggiornamento: 16 apr

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Editore: Fazi Editore

Autoconclusivo

Pagine: 144


Un romanzo che scava nelle complesse dinamiche familiari e nel peso dei ricordi repressi, affrontando il tema della memoria come strumento di confronto con il passato. La protagonista, una scrittrice sessantenne di Oslo, si ritrova improvvisamente catapultata nei meandri della propria adolescenza dopo un incontro apparentemente insignificante: durante un concerto di Natale, si siede accanto a una famiglia in cui una giovane ragazza manifesta chiari segni di ribellione. Quel piccolo dettaglio riaccende nella sua memoria un vortice di emozioni e memorie che aveva cercato di seppellire, costringendola a riconsiderare il proprio rapporto con una madre oppressiva e con le scelte che l’hanno segnata per sempre.


Il romanzo affronta con grande sensibilità il tema del controllo genitoriale e della ribellione giovanile, mostrando quanto le dinamiche familiari possano plasmare l’identità di un individuo anche a distanza di decenni. La scrittura di Hjorth è densa e penetrante, capace di tradurre con precisione il flusso di pensieri della protagonista e il suo conflitto interiore, facendoceli sentire nostri. La narrazione in prima persona permette al lettore di entrare in contatto diretto con le sue riflessioni più intime, rendendo la lettura un’esperienza coinvolgente e quasi claustrofobica, come se si fosse intrappolati insieme a lei nei suoi ricordi.


Quello che vuoi dimenticare ritorna,

ti perseguita in maniera così intensa

da darti l'impressione di riviverlo.


Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è la capacità dell’autrice di intrecciare il passato e il presente. Le memorie affiorano in modo spontaneo, spesso in risposta a dettagli apparentemente insignificanti, proprio come accade nella realtà. Hjorth mostra con estrema lucidità quanto i traumi e le pressioni subite in gioventù possano influenzare profondamente le relazioni, le paure e le scelte future. Il concetto stesso di “ripetizione” diventa il fulcro dell’opera: le esperienze vissute tendono a riproporsi in modi diversi nel corso della vita, e il confronto con il passato diventa inevitabile.


Oltre alla potente introspezione psicologica, il volume ci offre anche una riflessione sulla società e sulle aspettative imposte, specialmente nei confronti delle donne. La protagonista, nel suo viaggio interiore, si scontra con le restrizioni e le norme che hanno modellato la sua crescita, mettendo in discussione il ruolo della famiglia e il peso delle convenzioni sociali. Il tutto tramite il travagliato rapporto con la madre, in una famiglia dove nessuno si sente libero di essere sé stesso o di interagire in maniera spontanea con gli altri.


Ma l'effetto che ebbe, il mio primo poetare e il terrore che causò,

mi insegnò qualcosa di fondamentale: che ciò che inventiamo

con la mente o la scrittura può avere maggior significato di

quello che è vero, anzi essere più vero.


Un’opera intensa e profondamente umana, che invita il lettore a riflettere sulle proprie esperienze e sui legami che continuano a influenzarci nel tempo. Consigliato per coloro che amano una prosa incisiva e una narrazione emotivamente coinvolgente, Hjorth offre un romanzo che non si limita a raccontare una storia, ma pone interrogativi universali sulla memoria, l’identità e il significato del passato. Perfetto per chi ama le letture introspettive e non ha paura di confrontarsi con le complessità dell’animo umano.


Non è facile essere umani.

È vero, come venne dichiarato da mio padre una notte di novembre del 1975,

ed è la cosa più bella che io gli abbia mai sentito dire.



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