Recenqualcosa "Brebus. The Trilogy" di Marco Caboni
- Naia Sterne

- 10 set
- Tempo di lettura: 4 min

Selfpublishing
Trilogia completa
Pagine: 126
Che i sardi amino la Sardegna è cosa nota, lo avevamo già detto per il primo volume e mi sembra giusto ribadirlo per la trilogia completa. Marco Caboni prende il legame viscerale con la sua terra, lo intreccia con l’immaginario fantasy e lo modella come argilla, fino a dare vita a un’opera che non è soltanto un racconto, ma un omaggio narrativo e simbolico alla Sardegna e al suo folklore.
Con Brebus. The Trilogy il progetto che avevamo già intravisto nel primo breve volume si allarga e si consolida: le pagine aumentano, ma la densità rimane la stessa. Caboni non scrive per allungare la trama, bensì per dare respiro alle storie, ai personaggi e soprattutto, come già accennato, al patrimonio folklorico che, pagina dopo pagina, compone lo scheletro della narrazione. Ogni volume si svolge in periodi differenti con personaggi differenti, sebbene, molto ritorno.
Il titolo, ancora una volta, non è casuale. "Brebus" suona come un termine inventato, quasi onomatopeico, ma in realtà affonda le radici nella lingua e nella cultura sarda. "Is brebus" si traduce approssimativamente come "parole" o "verbi", ma nel contesto tradizionale la parola acquisisce un potere ben più ampio. I brebus non sono semplici parole: sono formule, incantesimi, scongiuri capaci di attivare una forza concreta. È un linguaggio magico, spesso tramandato da donne e custodito come un segreto prezioso, perché ogni brebus è un patrimonio e un’eredità.
"Perché il tuo compito è quello di distruggere il male così da avere
un nuovo inizio puro e non corrotto come è ora. Io sono qui per
insegnarti tutto, perché tu sarai il mio discepolo, il mio erede e
diverrai un tutt'uno con la madre terra."
Il protagonista del primo volume, avevamo visto, diventa egli stesso un Brebus, ossia colui che può scacciare il male, ereditando un compito antico che non è mai neutro, ma sempre legato a una responsabilità collettiva. Succederà anche per gli altri personaggi?
La Sardegna di Caboni è antica e viva, non soltanto cornice della storia ma personaggio a sua volta. Il fantasy qui non si limita a "colorare" un folklore già esistente, bensì lo rielabora, lo riveste di nuove immagini e lo rimette in circolo, quasi fosse un rito di rinascita.
Tra le figure che incontriamo ricordiamo dal primo volume:
I giganti, legati ai nuraghi e alla memoria mitica dei giganti di Mont’e Prama. Non solo statue o reperti archeologici, ma simbolo di una forza guerriera, di un popolo la cui memoria si è dissolta lasciando solo tracce. Nel romanzo diventano compagni e avversari, custodi di un tempo arcaico.
Le Panas, anime di donne morte di parto, costrette a lavare i panni nel fiume per sette anni. Interromperle significa condannarle a ricominciare il ciclo, e il nostro eroe – inevitabilmente – le incontra. Sono figure di dolore e resilienza, spiriti sospesi tra il mondo dei vivi e quello dei morti, che incarnano la ciclicità e la durezza del destino.
Questi elementi non vengono mai buttati dentro come orpelli esotici, ma sempre con una coerenza narrativa che li rende parte integrante della crescita dell’eroe.
I personaggi del folklore aumentano, ovviamente nel secondo e nel terzo volume ma sapete che io non spoilero le nuove letture, posso però permettermi di parlarvi in maniera più ampia del libro già letto quindi vi accontenterete di vedere citati nuovamente giganti e panas. Posso dire che incontriamo ogni tipo di nemico mistico e che i poveri protagonisti di Marco si trovano sempre costretti ad affrontare il terrore che queste creature causano perché le missioni che devono compiere sono troppo importanti per cadere a causa della paura. Sti poveretti son sempre costretti a un viaggio dell'eroe che accolgono con coraggio incarnando uno dei principali espedienti narrativi del fantasy classico.
“Seguitemi, vi porterò in un posto dove realtà e leggenda si incrociano e intrecciano in modo stravolgente, qui è dove
tengo nascosti gli antichi manoscritti, parlano di un’epoca remota, dove noi, popolo fiero in tutto il Mediterraneo,
facevamo parte dei grandi popoli nel mare, noi eravamo i più forti, i più coraggiosi e i più bravi strateghi,
noi eravamo gli Shardana."
Il percorso dei protagonisti, infatti, riprende lo schema universale dell’eroe: la chiamata, la prova, il superamento di ostacoli, l’elevazione finale. Ma ciò che lo rende originale è appunto il radicamento nella cultura sarda. Non sono eroi qualunque, bensì figli di quella terra, avvolti nei simboli e nelle tradizioni della loro isola. Persino i dettagli dell’abbigliamento, i gesti e le relazioni con le figure magiche li collocano dentro una geografia precisa e inconfondibile.
La prosa di Marco Caboni rimane scorrevole ed evocativa. Non indulge in descrizioni che sono riempitive, testimonianza la brevità dell'intera trilogia, eppure è capace di non lasciare nulla di non detto. È una scelta che funziona bene con il tipo di storia narrata. La trilogia mostra comunque un passo avanti rispetto al primo esperimento: la trama è più articolata, i personaggi hanno maggiore respiro e l’equilibrio tra mito e invenzione si fa più saldo.
Brebus. The Trilogy è un’opera che ha il pregio di essere al tempo stesso radicata e universale. Radicata perché restituisce dignità e nuova vita al folklore sardo; universale perché parla del viaggio dell’eroe, della lotta contro il male, della trasmissione del sapere e del potere della parola.
Un fantasy breve, ma non piccolo. Perché se il numero di pagine resta contenuto, il contenuto trabocca di immagini, emozioni e suggestioni. Una lettura che consiglio non solo agli amanti del fantasy, ma anche a coloro che amano il folklore e vogliono scoprire la Sardegna attraverso una lente inedita: quella del mito che si rinnova.

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