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Recenqualcosa di "Dammi un Fiume di Sangue" di Carlo Vincenzi

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Editore: Gainsworth Publishing

Autoconclusivo

Pagine: 692


Prendete un mondo devastato, due fratelli con problemi più grandi di loro, mostri cosmici che sembrano usciti da un incubo di Lovecraft dopo una notte insonne, e aggiungete una pioggia inquietante e una nebbia particolarmente intrisa di malvagità (perché, si sa, non c’è mai bel tempo nei dark fantasy). Mescolate tutto con un'ambientazione originale, una narrazione trascinata da una scrittura tagliente, lirica e particolarmente visiva ed eccoci: benvenuti nell’universo disperato e potentemente evocativo di Dammi un fiume di sangue.


Quindi è questo il destino dei Marchiati? Il mio destino?

Lo aveva sempre saputo, tutti conoscevano le Ordalie.

Ma trovarselo davanti agli occhi…


Dopo un evento chiamato Cataclisma – il nome vi rende evidente che non sia stato nulla di simpatico e divertente – il mondo è andato in frantumi. L’Impero è crollato, le Alte Famiglie si chiudono nei loro palazzi lussuosi sperando che gli orrori non bussino alla porta, mentre fuori la gente sopravvive a fatica tra pioggia acida e creature indicibili. In questo quadro idilliaco si muovono Hein e Déa, due fratelli legatissimi, coraggiosi, testardi e con un talento spiccato nel mettersi nei guai per salvare il prossimo. Un po’ cavalleria medievale, un po’ senso di colpa generazionale.


Ah si, le Alte Famiglie: ricconi parruccati che gestiscono le città, la giustizia, la ricchezza, tutte le robe. Fra le cose che gestiscono ci sono i Marchiati. All'età di dieci anni alcuni bambini vengono "benedetti" da Adonai (divinità, giusto per darvi info) con alcuni doni. Ognuno dei Marchiati ha un'abilità speciale legata ad una determinata sfera (forza, carne, etc). I Marchiati vengono comprati dalle Alte Famiglie ed usati dalle stesse nelle Ordalie. Praticamente sono gladiatori. Vengono usati per divertimento o per meglio dire risolvere le diatribe fra le Alte Famiglie.


"Quando lei gli ha chiesto perché volesse riportarla a casa, ha detto

"perché è lì che deve stare" o qualcosa del genere. Non "perché ti

voglio bene."" Un'ombra passò sul volto di Felan. "Ho pensato che

sarebbe stata meglio con suo fratello."


Facciamo però un passo indietro, perché il volume non si svolge soltanto nel post cataclisma, Carlo ci porta nel passato, nell'infanzia dei due fratelli. Vivevano nella povertà e durante un tentativo di Hein per procacciarsi il cibo ecco che gli si accende la scintilla e si scopre che è un Marchiato. Da qui conosciamo la loro storia, comprendiamo l'affetto che li lega e impariamo a conoscere le differenze che permettono di contraddistinguerli. Quelle stesse differenze che gli permettono di compensarsi e di essere l'uno la forza dell'altra. Anche se sarebbe più corretto dire l'una la forza dell'altro.


Il tono del romanzo è oscuro e mai banale. Vicenzi non si accontenta del solito “c'è il male e va sconfitto”, no: qui il male si insinua, trasforma, corrompe. L’atmosfera è così densa che potresti spalmarla su una fetta di pane. C'è un gusto dichiarato per il dettaglio cruento, ma anche un'estetica precisa che rende tutto questo profondamente coerente: ogni scena ha un peso, ogni dolore è costruito per lasciare traccia. Ogni sfumatura del male è precisa e sensata. Ogni sfumatura umana è verosimile.


"E' una nuova era," disse ad alta voce "folle e brutale.

Dobbiamo essere pronti ad affrontarla."


Hein è un guerriero formidabile che ha fatto voto di non uccidere (il che, in un mondo dove TUTTO vuole ucciderti, è una scelta audace). Déa è forse ancor più interessante: determinata, leale, con una luce interiore che riesce a sopravvivere anche nelle tenebre più fitte. Insieme, funzionano come cuore e lama del romanzo – e la loro relazione è uno dei veri motori emotivi della storia. A proposito di Déa, sul finale, non mi sarebbe dispiaciuto approfondire maggiormente le macchinazioni mentali che l'hanno portata insieme ad un altro personaggio a compiere determinate scelte. Non le ho trovate totalmente coerenti con la Dèa che avevo conosciuto ma.... Da quando le scelte umane sono coerenti? Quindi ho apprezzato molto l'imprevedibilità che, comunque, è sicuramente un lato del suo carattere.


Non è una lettura da spiaggia (a meno che non amiate piogge di sangue al posto del mare), io ve la consiglierei in un'ambiente differente, anche se probabilmente le fastidiose urla degli infanti sarebbero coerenti. Richiede attenzione, e non ha paura di prendersi i suoi tempi. Alcune parti sono forti – sia emotivamente che visivamente – ma mai gratuite. La violenza c'è, sì, ma ha uno scopo narrativo. E morale. Dammi un fiume di sangue è un dark fantasy che non fa sconti, né al lettore né ai suoi personaggi. È sporco, doloroso, ma soprattutto profondamente umano. Un libro che ti prende per la gola, ti trascina nei vicoli oscuri dell’anima... e poi ti chiede se hai il coraggio di restare.


Galeu non lo imitò, ma almeno nascose i pugnali.

Che, per lui, era comunque come sventolare una bandiera bianca.


Se siete in cerca di un’epopea fantasy che suoni come un requiem, ma che abbia ancora voglia di combattere, questo è il libro che fa per voi. Consigliato a tutti coloro che amano i dark fantasy e non lo dicono solo perché ultimamente paiono essere diventati una moda.



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